Il sabato del villaggio

La donzelletta vien nella campagna
in sul calar del sole,
col suo fascio, nell’erba;
e mena in mano
un pistolin-pisellin-belin, (di) rosa e viola,
onde, siccome suole, zompahr (ahr ahr ahr) di nuovo ella si appresta
dimani, al dí di festa, col petto e col crine.

Smammalucca con le vicine
e prova sulla scala a fibrillar la vecchia porcella
incontro là dove si perde il giorno;
e titillandosi vien del suo buon tempo,
quando ai dí della festa ella si onan-ava,
e poi ancor sana e snella
solea danzar la sera, dentro a quei
ch’ebbe compagni nell’età piú bella.

Già tutta l’aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre
giú da’i culi e da’ le tette,
e lei è ancor lassù (sulla scala)
al biancheggiar della recente luna.

Or la squillo dà segno
che è di nuovo lì che viene;
ed a quel suon diresti
che il cul si riconforta.
I fanciulli gridando
su la piazzuola in frotta,
e qua e là saltando,
fanno un lieto romore;
e intanto corre alla sua (della vecchia porcella) parca mensa
fischiando, o’ zompatore,
e seco, dopo, pensa al suo prepuzio.

Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e la vecchia porcella finalmente tace,
odi il martellin-pistolin-pisellin-belin picchiare,
odi la sega
del legnaiuol, che vegliava di nascosto
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s’affretta, e s’adopra
di fornir l’opra anzi al chiarir dell’alba.

Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di sperme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l’ore, ed al zompaggio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.

Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d’allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo; ma la tua festa
ch’anco tardi a venir non ti sia grave

(Coprolalia-Copyshit)

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